Colori senza confini
Testimonianze dall’acqua: sfide e riflessioni sulla percezione dei colori nei bambini. Un viaggio attraverso le esperienze e le testimonianze dei piccoli nuotatori e dei loro genitori. Rompendo gl stereotipi di genere, un nuotatore alla volta.
Un viaggio attraverso le esperienze e le testimonianze dei piccoli nuotatori e dei loro genitori.
Rompendo gli stereotipi di genere, un nuotatore alla volta.
Da quando lavoro alle Piscine di Vicenza mi è capitato diverse volte che alcuni dei miei squaletti e delfini arrivassero alla
lezione di nuoto con occhialini, cuffie o ciabatte diverse da quelle che portano di solito perché si erano scordati il loro materiale a casa. È capitato anche che questi oggetti dimenticati venissero forniti dalla piscina, grazie alla
disponibilità di occhialini, cuffie o ciabatte di scorta, oppure dai genitori qualora fossero anche loro attivi partecipanti dell’impianto.
Per questo motivo, una scena classica a cui ho avuto il piacere di assistere più di una volta è stata:
bambino di 4 anni con costume azzurro – solitamente di qualche supereroe –, ciabatte blu, accappatoio di colore scuro e occhialini rosa – forniti
dalla piscina, per l’appunto, o da mamma.
La situazione, per me assolutamente normale, ha aperto però le porte a scherno e battute.
“Sei un maschio e hai gli occhialini rosa”
“Ma se sei un maschio non li puoi mettere gli occhialini rosa”
E via dicendo…
Se all’inizio, quando notavo queste cose, procedevo a smorzare la questione senza darci troppo peso, recentemente ho pensato di approfondire l’argomento chiedendo, domandano e ascoltando
i miei corsisti di 4, 5 e 6 anni.
Ho fatto ai miei squaletti e ai miei delfini questa domanda:
“Se un tuo compagno di scuola o un tuo compagno di nuoto venisse con una maglietta o con un costume rosa, ti sembrerebbe strano?”
Dai miei squaletti di quattro anni non sono riuscita a ricavare molto, se non splendide espressioni interrogative, incapaci di formulare la loro opinione.
Alcuni, invece, mi hanno detto che il blu “è un colore da maschio” mentre il rosa “è un colore per le bambine”. Nessuna menzione al sentimento che proverebbero qualora un compagno arrivasse con il costume rosa.
Le carte in tavola si sono ribaltate quando ho posto la domanda ai miei corsisti di qualche anno in più.
Allo stesso quesito, Andrea, una meravigliosa bambina di sei anni mi ha detto: “I colori non sono per i maschi o per le femmine” e quando le ho domandato, sbalordita, chi le avesse suggerito questo concetto – per altro giustissimo – mi ha risposto quasi spazientita: “Veramente mi è sempre sembrato così. Non me l’ha detto nessuno!”
Quello che ci sta dicendo Andrea tra le righe – che viene con occhialini fucsia, costume azzurro con bordi di cucitura e cuffia rosa – è che i colori non hanno un genere e che, indipendentemente da tutto, si può scegliere di indossare le sfumature che più ci piacciono.
Continua a pensarlo Andrea: i colori sono per tutti!
Molto interessante è stato anche sentire il punto di vista di un papà di uno dei miei squaletti (che vuole rimanere anonimo perciò lo chiameremo Mario e chiameremo suo figlio Marco per comodità): Mario mi ha raccontato che non comprerebbe mai una maglietta o un costume rosa a suo figlio perché lo vede un colore più da bambina. Tuttavia, se fosse Marco a domandare un articolo di quel colore, non avrebbe problemi ad accontentarlo.
Mario ha infine aggiunto che, comunque, lui stesso ha delle scarpe da running rosa.
Anche questo aspetto è di fondamentale importanza perché ci trasmette l’idea che la “divisione” di genere nei colori è intrinseca nei bambini fino a una certa età. Superata quella soglia, si possono usare i colori come più si preferisce.
E allora pongo un’altra domanda, assolutamente vittima di deformazione professionale:
È giusto trasmettere l’idea ai bimbi che, almeno finché sono piccoli, se sono maschi non devono indossare vestiti di colore rosa e propendere, invece, per sfumature “più maschili” come il blu, l’azzurro e il verde?
Vi starete domandando perché ho parlato solamente di bambini che non “dovrebbero” usare il rosa e non ho, invece, menzionato le bambine che portano il blu.
Come mai? Perché le mie corsiste hanno già cuffie, occhialini e costumi blu o azzurri.
A spiegare anche questo concetto ci pensa un mio delfino di 6 anni di nome Sara: capelli cortissimi e neri, costume, occhialini e cuffia blu scuro. Dopo aver posto la stessa domanda che ho chiesto anche ad Andrea, Sara si mette un dito sul mento, pensa per un minuto abbondante e poi mi guarda con i suoi occhioni marroni.
Mi risponde così: “A me non darebbe fastidio se un mio compagno di scuola venisse con una maglietta rosa però penso che gli altri bambini potrebbero forse prenderlo in giro”.
Quello che ha fatto Sara, con l’innocenza dei 6 anni, è stato aprire un coperchio enorme.
Sara, seppur inconsapevole del meccanismo, ha perfettamente compreso un fenomeno sociale secondo cui se le bambine usano colori designati “da maschio” va bene, perché essere maschio è accettato. D’altro canto, se i bambini portano il rosa – colore definito socialmente “da femmina” – possono incorrere in scherno, prese in giro e scherzi perché, al contrario di quanto detto prima, essere femmina non è considerato così positivamente come essere maschio.
Questo ragionamento è molto in linea con l’idea manichea del giovane e bello e dell’anziano e cattivo; della mascolinità buona e della femminilità debole.
Ai miei squaletti e ai miei delfini ho detto che possono usare i costumi, le cuffie, gli occhialini e gli accappatoi che più gli piacciono. Captain America? Fantastico. Elsa di Frozen? Se lo facessero in taglie da adulto ci penserei anche io. Non è importante cosa indossano ma come si sentono quando lo fanno.
Io ho un costume con i panda, uno blu scuro, uno con i tucani e uno rosa con i fiori; e mi piacciono tutti allo stesso modo perché non c’è colore passibile di esclusione in base al genere. E se è così per me, lo dovrebbe essere anche per tutti i bambini.
Articolo scritto da: Veronica Zin