Disturbi alimentari nello sport: tra corpo e mente
Le zone d'ombra del nuoto: esplorando come l'ambiente sportivo, pur essenziale per il benessere fisico e mentale, possa celare sfide e difficoltà.
Il disturbo del comportamento alimentare (DCA) è un tema che negli ultimi anni si è iniziato a riconoscere ad affrontare con maggiore consapevolezza.
Per quanto il mondo dello sport in generale si affianchi all’idea di benessere fisico e mentale, è capitato anche che atleti di primo livello abbiano condiviso le proprie battaglie contro i disturbi alimentari.
Per esempio, la ginnastica artistica e la ginnastica ritmica sono spesso al centro delle cronache per i casi di disturbi alimentari denunciati dalle atlete delle squadre nazionali. La costante pressione per mantenere un corpo estremamente esile per ottenere punteggi migliori, unita a un ambiente altamente competitivo, può creare un terreno fertile per lo sviluppo di comportamenti alimentari dannosi.
Allo stesso modo, anche il nuoto nasconde le sue zone d’ombra.
Infatti, per quanto l’attività in acqua imponga di trovarsi in costume sotto agli occhi di tutti – compagni, amici, allenatori – e renda questa condizione un’abitudine fin dalla gioventù, il periodo adolescenziale può potenzialmente imporre nuove pressioni, difficili da affrontare.
Nella fase di sviluppo il corpo degli atleti e delle atlete cambia, da quello della giovinezza si trasforma in un corpo adulto dove alimentazione, attività fisica e genetica sono tutti fattori determinati.
La fase adolescenziale, che non permette subito di comprendere totalmente che il cambiamento è normale e necessario, insieme al disagio che si può provare nei confronti dell’immagine corporea può sfociare in pratiche alimentari dannose.
La presenza di un supporto informato è indispensabile. Coach, familiari e staff medico devono essere attenti ai segnali, anche quelli apparentemente innocui. Infatti, la consapevolezza e l’intervento precoce possono fare la differenza nella vita di un atleta, aiutandolo a gestire al meglio sia le sfide fisiche sia quelle psicologiche.
È necessario considerare inoltre che i disturbi del comportamento alimentare non colpiscono uomini e donne allo stesso modo: un recente studio dell’ospedale Maria Luigia (Parma) ha sottolineato come “le donne siano nettamente più colpite (dai disturbi alimentari, ndr) rispetto agli uomini, con un rapporto di circa 9:1”.
Quello che riteniamo essenziale è creare un ambiente sicuro dove tutti i nuotatori – dall’agonismo alla scuola nuoto – possano sentirsi liberi da giudizi e insicurezze. È importante mirare ad un miglioramento della propria forma fisica, ma è altrettanto fondamentale che gli obiettivi siano realistici e in linea con le condizioni genetiche.
Allo stesso modo, l’over-training, ovvero allenarsi troppo, è dannoso quanto non allenarsi affatto. Mangiare troppo poco è altrettanto nocivo quanto mangiare cibi di scarsa qualità o in quantità eccessive. Questi comportamenti influenzano negativamente sia la performance sportiva che la salute mentale.
È essenziale trovare un equilibrio, che può risultare difficile inizialmente, ma con il supporto delle persone giuste al proprio fianco, la strada verso il benessere è già tracciata.
I disturbi alimentari nello sport rappresentano una sfida complessa che richiede un approccio multidisciplinare e un ambiente di supporto. Lavorare per un cambiamento culturale che valorizzi la salute mentale e fisica degli atleti, indipendentemente dai risultati sportivi, è cruciale. Solo attraverso la consapevolezza, l’educazione e il supporto adeguato possiamo garantire che lo sport rimanga una fonte di benessere e crescita personale per tutti gli atleti.
Articolo scritto da: Veronica Zin