Enrico Giacomin: attraverso la Manica e ritorno
Cronaca di un traversata sofferta
Enrico Giacomin racconta la sua IMPRESA
Doveva essere affrontata a metà Agosto. Invece la traversata del Canale della Manica si è svolta solamente lo scorso Lunedì 29 Settembre, in una giornata che doveva offrirci condizioni di mare calmo. All’arrivo sulla banchina della marina di Dover, dove abitualmente ormeggia la “Gallivant” condotta da Mike Oram, io, Charlie, Sylvia, Susan, Candice e Bryony eravano convinti di sostenere una traversata dura, ma senz’altro non proibitiva. Con lo stesso ordine dovevamo scendere in acqua per coprire, in frazioni di nuoto da un’ora a testa, la distanza che ci separava dal suolo francese. Circa 21 miglia nautiche che, a causa delle traiettorie a S scelte dai piloti della Channel Swimming and Piloting Federation (www.cspf.co.uk), si traducevano in circa 40/45 km di nuoto da coprire in costume, cuffia e occhialini.
Alle 10:05 la sirena della Gallivant decretava l’inizio e io, goffamente seduto sui ciottoli di Shakespeare Beach, mi “trascinavo” in acqua e partivo a stile. Devo dire che il mare non mi è sembrato particolarmente calmo e, salito in barca dopo aver dato il cambio a Charlie, il mio stomaco ha avvalorato la sensazione per tutte le cinque ore seguenti. Scendere in acqua alle 18:05 per la mia seconda frazione è stato un toccasana. Grazie alla traiettoria scelta da Mike, ho nuotato come un professionista, coprendo km 5,77 in un ora. Sensazione meravigliosa.
Poi è calata l’oscurità. Si di me, che vegetavo in una panchina, e sulla superficie sempre più increspata dell’”English Channel”. “Sarà almeno forza 4”: sentivo dire i miei compagni di squadra, che con difficoltà mantenevano l’equilibrio.
Ore 22:05. Tornavo in acqua per quella che era la mia ultima sessione. Veramente dura, anche perché non avevo mangiato nulla. Avevo cercato solo di idratarmi con un isotonico, che dopo 55’ galleggiava sulla superficie. Portare a termine l’ora con la consapevolezza di aver compiuto il mio dovere, è stata una liberazione. E poi c’era ancora la panchina ad aspettarmi. E’ da quella panchina che ho sentito consumarsi il “dramma”. Dopo 30 minuti voci concitate cercavano di infondere forza a Sylvia. “C’mon Sylvia, watch the boat”. Toccare la barca durante la nuotata comporta la squalifica. Sylvia nuotava a sinistra della barca e respirava sempre dal lato sinistro, perdendo di vista la murata. Ma nuotare a sinistra era la cosa più saggia; solo così si poteva godere di un minimo di riparo dalle onde che sferzavano da destra. La scelta di spostarsi di lato per nuotare a destra della barca non ha fatto altro che peggiorare la situazione.
Sopraffatta dalle onde, forse nel tentativo procurarsi un attimo di riposo, Sylvia si girava a dorso, facendo sparire dalla nostra vista la luce lampeggiante fissata sugli occhialini. Pochi secondi carichi d’ansia, che si risolvevano con il recupero della compagna, ma anche con la conclusione della traversata. “Time 00:35 AM. Swim aborted at 3nm from Le Cap Blanc”, riportava il referto compilato dall’osservatore. Mancava veramente poco.
Trovo che far parte di una staffetta sia una grande emozione. E’ bello poter condividere i successi con i tuoi compagni, ma quando, come in questo caso, non si arriva al risultato sperato, si può contare sulla squadra per trovare conforto e sostegno. E’ stata decisamente un’esperienza eccezionale. … Il giorno successivo ho ricevuto una mail da Paul Parish (guardate cosa ha fatto – http://paulsarch2arc.blogspot.co.uk) il responsabile di Aspire, la charity che ci ha supportato nella parte organizzativa. Ad un certo punto diceva:”consider the option to return to the unfinished business”. English Channel, arrivederci!