Il Delfino o Farfalla
Siamo arrivati al nostro quarto appuntamento con coach Benda e la tecnica delle nuotate. Ma prima di iniziare sono d’obbligo le congratulazioni per la convocazione ufficiale di Pier Andrea Matteazzi nella Nazionale Italiana di Nuoto alle Olimpiadi di Tokyo. Un risultato frutto di impegno e determinazione di Pier, ma anche di tanto lavoro tecnico del suo allenatore che ricordiamo lo segue da oltre 10 anni!
Delfino o Farfalla
Abbiamo tenuto volutamente per ultimo lo stile che più affascina il pubblico per la forza che esprime e più fa disperare ogni corsista che sogna di raggiungere il massimo livello della scuola nuoto.
A vedere nuotare a delfino si penserebbe che serve una forza incredibile, ma in realtà questo è lo stile più tecnico per quello che riguarda la coordinazione dei vari movimenti in funzione di un minor dispendio energetico.
Nel delfino, secondo il regolamento agonistico, il movimento di braccia e gambe deve essere contemporaneo, non necessariamente in maniera simmetrica. Nelle gare master è consentito l’uso delle gambata a rana, meno dispendiosa, ma che rende lo stile più lento.
Il punto di partenza della nuotata a delfino è quel mossa che istintivamente vediamo fare ai bambini quando provano a spostarsi sott’acqua ovvero il moto ondulatorio.
Il movimento parte dalla testa, si propaga poi al tronco e arriva infine agli arti inferiori, dove si sfoga con il colpo di gambe. Nella nuotata in superficie, le braccia partecipano alla propulsione ma non spingendo il corpo in avanti ma bensì fornendo un punto di ancoraggio per passare al di là con il movimento ondulatorio. La differenza non è di poco conto: si sfruttano i muscoli del tronco, molto più potenti e resistenti all’affaticamento rispetto a quelli delle braccia, per fornire la trazione necessaria a spostare il corpo in avanti.
Analizziamo la nuotata nel suo insieme perché la differenza nel delfino è proprio nella sinergia dei movimenti di testa, braccia, tronco e gambe e l’errore più diffuso è proprio non riuscire ad armonizzare la sequenza spezzando le varie fasi anche nell’apprendimento didattico.
Quando le braccia entrano in acqua, la testa è completamente nascosta fra le spalle e lo sguardo è verso il fondo della piscina in perfetta posizione idrodinamica. Le gambe sono pronte per fare il colpo di gambe che avviene dopo che le braccia sono già distese dentro l’acqua.
Nel delfino si eseguono due gambate per ciclo di bracciata: la prima è quella che abbiamo appena descritto, è più debole e aiuta il movimento ondulatorio, mentre la seconda la vedremo al termine della bracciata ed è più propulsiva.
Quando le braccia entrano in acqua si allargano, i palmi sono rivolti verso l’esterno come a cercare un punto di ancoraggio, contemporaneamente il petto viene spinto verso il basso e di conseguenza il bacino sale verso l’alto con i glutei che rompono la superficie dell’acqua.
In questa fase è fondamentale allargare immediatamente le braccia iniziando subito la presa dell’acqua piuttosto di spingerle verso il basso rischiando di usare la propulsione per immergersi piuttosto che per avanzare. La spinta del petto verso il basso invece mantiene il movimento ondulatorio del tronco.
La fase di trazione continua portando le braccia ad avvicinarsi mentre il movimento ondulatorio continua facendo salire il petto, il bacino scende, i piedi salgono. La testa è ancora rivolta verso il basso con lo sguardo verso il fondo della vasca.
Nella fase di spinta, le braccia completano la loro traiettoria distendendosi verso le cosce e inizia la gambata più propulsiva. L’escursione del movimento delle gambe è molto più ampio e potente e consente di raggiungere la massima velocità.
E’ di fondamentale importanza per non perdere la velocità durante la fase passiva della nuotata ovvero il recupero fuori dall’acqua di entrambe le braccia. Immaginiamo proprio che il colpo di gambe sia la spinta che fa uscire il corpo come il colpo di coda fa uscire il delfino dall’acqua quando abbiamo la fortuna di vederli giocare nel mare.
In questo momento la testa ha la posizione più flessa in assoluto quasi a guidare il movimento.
Il recupero delle braccia va effettuato tenendo le braccia distese sopra la superficie dell’acqua e il più possibile rilassate. La respirazione si inserisce, ogni due bracciate, proprio nella fase di recupero, iperestendendo il capo per quel tanto che basta a far uscire la bocca, molti atleti scelgono di respirare lateralmente per diminuire ulteriormente la superficie della testa che esce dall’acqua. Da qui si comprende come per sostenere la fase di recupero e di respirazione sia fondamentale la coordinazione dei vari movimenti del corpo nei tempi e nella forza per evitare che il nuotatore si pianti.
Questa coordinazione tra braccia, gambe e movimento ondulatorio è molto difficile da apprendere: è necessaria una corretta progressione didattica strutturata da un tecnico competente.
Sicuramente l’atleta internazionale che negli ultimi anni rappresenta l’icona del delfino è Michel Phelps. La sua conformazione fisica l’ha certamente favorito nell’ottenere innumerevoli successi: alto 1,93 cm, un peso di 88 kg, un’apertura delle braccia di 1,98 cm e una misura di 81 cm dalla cintola in giù, un 48,5 di misura del piede e due mani di dimensioni come un piatto da cucina sono caratteristiche che gli hanno permesso di incontrare meno resistenza in acqua durante la nuotata. Altro punto fondamentale è stata la sua capacità di recupero tra una gara e l’altra dovuta ad una minore produzione di acido lattico che gli ha consentito di effettuare più gare i brevi periodi.
E’ stato detentore del record del mondo nei 100 con 49,82 e nei 200 con 1.51,51. Incredibile, ma vero i suoi record sono stati entrambi cancellati nel corso dei mondiali di Gwangju 2019 dove lo statunitense Caeleb Dressel ha fermato il cronometro dei 100 a 49.80, mentre nei 200, l’ungherese Kristof Milak si è imposto con 1.50.73. Di sicuro entrambi saranno protagonisti all’Olimpiade di Tokyo.
In Italia:
A livello italiano il record nei 100 lo detiene il triestino Piero Codia con 50.64 cottenuto ai campionato europei di Glasgow 2018 che purtroppo non sarà presente alla Olimpiadi perché on è riuscito ad ottenere nei recenti appuntamenti di qualificazione il tempo limite imposto dalla Federazione.
Nei 200 invece sarà presente Federico Burdisso che con 1.54.28 ottenuti agli ultimi campionati europei ha ottenuto il nuovo record italiano della distanza.
Grazie Federico, abbiamo un po’ sforato in lunghezza ma diciamo che per questo stile così affascinante ne è valsa la pena! Vi aspettiamo la prossima settimana per la chiusura di questo viaggio nella tecnica del nuoto con un argomento a sorpresa!
STAY TUNED!